Cinzia

Cinzia

Non io, ma mio fratello tanti anni fa, nel 1977, fu operato dal Professore Caccia.

Mio fratellino Massimo non soffriva di atresia delle vie biliari, ma di un grave problema all’intestino che per mesi rimase senza diagnosi.
Il Prof. Caccia, con la sua equipe, tra cui il Prof. Ekema (a quel tempo era un giovane Dottore), ne scoprì la causa ed intervenne chirurgicamente.

Il Prof. Caccia con un piccolo paziente e il Dott. Ekema

Ora Massimo ha 55 anni e sta bene. Io all’epoca avevo solo 15 anni e, in tutti quei mesi in ospedale, vedevo i bambini piccoli piccoli operati di atresia nella stanza asettica, gli occhi stanchi, sofferenti, ma sempre fiduciosi, dei loro genitori, quelli già operati da qualche tempo nel reparto di degenza, che dopo tanti mesi, per la prima volta tornavano a casa.
Purtroppo c’erano anche quelli più grandicelli, ricoverati nell’altra ala, che erano in attesa di trapianto, i loro genitori preoccupati parlavano con noi nei corridoi nelle lunghe attese.

Ora, dopo tanti anni, leggere le testimonianze di giovani donne e di uomini che hanno superato con la chirurgia i loro problemi di salute, grazie alle cure di questi Angeli: il Prof. Caccia ed i suoi collaboratori, mi rende felice! Questo volevo dire con la mia testimonianza. Un semplice attestato di riconoscenza a coloro che, con impegno, studio, umiltà, cuore e amore, per i piccoli pazienti e per i loro familiari, hanno reso possibile questo passo gigantesco verso una vita normale di quei bambini piccoli piccoli che vedevo dietro il vetro del reparto di chirurgia pediatrica di Parma.

Cinzia L.
12 giugno 2023

Roberta

Roberta

Salve a tutti e grazie a chi mi sta leggendo.

Mi chiamo Roberta Mura e sono stata operata di atresia delle vie biliari a un mese. Ora ho 23 anni. Operata con intervento di Kasai, andato a buon fine, al Bambino Gesù. Non smetterò mai di ringraziare il dottor Bagolan!

Sviluppando ipertensione portale, ho sperimentato tre emorragie interne, non sapendo neanche di poter avere una cosa del genere.

Infanzia e adolescenza sono state positive, ma anche diverse dalla normalità… Quando cresci con una sensazione di pericolo e non sai neanche perché, inizi a scegliere, scegliere di vivere bene!

Mi dicevano, non esagerare nello sport… Ma in che senso? Per me il movimento è vita e ne ho fatto la mia attuale professione, come personal trainer.

Il mio obiettivo di vita è poter essere una testimonianza positiva per chi, come me, ha avuto questa patologia e ci convive ogni giorno.
Il mio obiettivo è stare bene e far stare bene!

Vi prego di contattarmi per poterci conoscere, scambiare idee, sensazioni ed esperienze. Vi abbraccio tutti. Grazie per aver letto fino a qui.

Roberta Mura
18 settembre 2022

Sara

Sara

Sono nata nel 1984 con un’atresia delle vie biliari e per questo motivo ho subito il mio primo intervento, intervento di Kasai, a due settimane di vita.

All’età di due anni, sono andata a Bruxelles, per un trapianto di fegato con il Professore Jean Bernard Otte.

Adesso, ho 36 anni e sto benissimo!

Ringrazierò sempre di cuore tutto il reparto di Chirurgia Pediatrica, dell’Ospedale dei Bambini di Brescia: il Professore Daniele Alberti, il Dottor Torri, il Dottor Salucci, il Professore Ekema e tutti quelli che hanno e che lavorano ancora lì.

Sara G., 24 agosto 2022

Tommaso

Tommaso

Lui è Tommaso, ha due anni, a vederlo si direbbe che non ci sia nulla di strano, invece…

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Questo video è per sensibilizzare su un argomento sconosciuto, fino a quando non ti capita, l’Atresia delle Vie Biliari. Non scendiamo nei particolari tecnici, ma detto in poche e semplici parole è una malattia del fegato, che si scopre solo dopo la nascita.

Questo video è proprio per premere sulla non conoscenza di questa patologia, per la quale, se viene diagnosticata in ritardo, cioè oltre i due/tre mesi di vita, l’unica soluzione per il bambino sarebbe un trapianto di fegato. Se scoperta in tempo, si effettuerà un intervento chiamato di Kasai, che in parte potrebbe risolvere il problema, a volta per sempre, a volte per un periodo di tempo, a volte purtroppo non è la soluzione e si ricorrerà ad un trapianto.

Nel nostro caso, siamo stati fortunati! Il nostro pediatra ha sospettato subito ci fosse tale problema, vedendo i segnali principali: colorito giallo, cacca più chiara del normale e così ci ha indirizzati alla struttura ospedaliera della nostra città.

Solo successivamente, da soli, tramite internet, abbiamo trovato l’associazione AMEI, così siamo arrivati a Brescia dove il Professor Alberti, con i suoi collaboratori, ha eseguito l’intervento di Kasai a 48 giorni di vita di Tommi.

AMEI, oltre a dare il supporto, con vere e proprie informazioni, offre un sostegno psicologico, aiuta trovando un alloggio alle famiglie che vengono da altre città e devono stare fuori casa per settimane e si occupa anche della ricerca.

Sostenere e donare all’associazione aiuterà la ricerca nel capire, magari un giorno, le cause di questa patologia. Aiuterà anche ad avere un protocollo nazionale, tramite un Network che stanno creando, con l’aiuto dei vari Centri d’ Italia, per una tempestività della diagnosi da parte dei pediatri, degli ospedali, per indirizzare i piccoli pazienti nel miglior centro in grado di eseguire tali interventi.

Non è un intervento che si può improvvisare, ma deve essere fatto da veri e propri esperti.

Con questo video e foto di Tommaso offriamo la nostra testimonianza alle tante richieste di aiuto che abbiamo avuto da genitori di bambini più piccoli, con le domande più naturali che sorgono in noi genitori quando veniamo a conoscenza del percorso che dovremo affrontare: “mio figlio avrà una vita normale?”

Abbiate fiducia, affidatevi alle persone giuste
e donate per la ricerca:
AMEI – Associazione Malattie Epatiche Infantili
IBAN: IT97P0869211200005000500760
C.F. 5 x mille: 98015680170.

Roberta mamma di Tommaso, 18 marzo 2021

Paola

Paola

 

Mi chiamo Paola Moraglia, ho 31 anni, sono di un paesino vicino Bari. Nata con un un’atresia delle vie biliari il 30/09/88, sono stata la prima bambina, in Italia, operata di Kasai 2 con valvola all’Umberto I° di Brescia.

A 30 giorni dalla nascita sono stata operata dal Professor Caccia a Brescia e seguita da lui e dalla sua equipe fino all’età di 16 anni. Dopo l’intervento di Kasai sono stata benissimo, la mia vita è stata come quella dei miei coetanei. Non ho mai avuto necessità di un supporto psicologico. I miei genitori sono stati bravissimi nel crescermi con la consapevolezza di ciò che avevo e nell’insegnarmi che non avrei mai dovuto vergognarmi di nulla.

Dai 17 anni in poi sono stata curata all’Ismett di Palermo.  A 21 anni ho avuto il primo trapianto con split da cadavere, effettuato dal Professor Gridelli e dal Professor Spada il 14/03/09. Dopo due anni, nel 2011, mi sono sposata.

Il 17/12/17 a causa di svariate complicazioni, che mi hanno portato a stare male ancora una volta, mi sono sottoposta a un secondo trapianto effettuato dal Professor Salvatore Gruttadauria, andato a buon fine.

Oggi, a quasi due anni dal trapianto, sono in attesa di una splendida bambina, sono al 6 mese di gravidanza e sono la prima con due trapianti e con uno stent biliare intracostale in dolce attesa.

Sono fiera e felice della donna che sono diventata, se potessi tornare indietro non cambierei la mia vita con quella di nessun’altro!

Questa sono io

8 novembre 2019

 

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Millie

Millie

Abbiamo chiesto a Millie il permesso di pubblicare la sua testimonianza su questo sito perché tante sono le analogie tra la sua storia e quella di Laura.

Mi chiamo Millie, attualmente ho 13 anni, sono nata il 16 febbraio 2002 e questa è la storia della mia vita con atresia biliare. Come molti altri bambini sono nata con ittero; tuttavia, dopo un paio di settimane da quando i miei genitori mi avevano riportato a casa, l’ittero non era scomparso. Quindi sono stata riportata in ospedale dove mi hanno messa sotto una luce ultravioletta, nella speranza che questo trattamento avrebbe curato l’ittero. E’ stata in questa occasione che un medico, che si trovava temporaneamente a lavorare a Guilford, ma che era in realtà del King’s College Hospital, si interessa al mio caso e suggerisce di sottopormi a un test di funzionalità epatica, dato che la luce ultravioletta sembrava non avere effetto su di me. I risultati dei test e le successive scansioni mostrarono che la funzionalità del fegato non era buona, così sono stata trasferita subito al King’s College Hospital. Ulteriori esami rivelarono che il mio fegato mostrava segni di atresia biliare. A 6 settimane di vita, sono stata sottoposta all’intervento di Kasai, al fine di migliorare le mie condizioni e per farmi guadagnare un po’ di tempo. Tuttavia, l’operazione a cui sono stata sottoposta comporta molti rischi e mi ha lasciato una lunga cicatrice sulla pancia. Tra gli effetti dell’operazione ho sviluppato ipertensione portale, che è apparsa nei mesi successivi. Anche se l’operazione non ha avuto successo al 100%, i chirurghi erano sicuri che il mio fegato avrebbe funzionato adeguatamente permettendomi di arrivare all’adolescenza. Il fatto che dovessi assumere fino a 12 farmaci al giorno e avessi un addome gonfio era un piccolo prezzo da pagare. Fin da piccola ho sofferto di prurito soprattutto su braccia, mani, gambe e piedi, anche se è possibile controllarla con i farmaci. Non molto tempo dopo l’inizio della scuola primaria si è manifestato l’ittero e un paio di mesi più tardi, dopo aver scoperto che i miei valori del sangue erano sballati, sono stata al King’s College Hospital per una valutazione pre trapianto durata 3 giorni. Fortunatamente dopo l’assunzione di alcuni antibiotici sono stata di nuovo bene e non è stato più necessario sottopormi a un trapianto di fegato. Dato che le mie condizioni di norma sono stabili, i miei controlli con ecografia, esami del sangue e visite con diversi specialisti, sono sempre stati a 6 mesi di distanza l’uno dall’altro. Poi, di nuovo, verso i 9 anni, sono diventata itterica e a questo punto mi sono resa conto che ero diversa dalla maggior parte dei bambini. A causa del mio colore venivo “presa in giro” dagli altri bambini e non sapevo davvero cosa dire loro affinché capissero.

Poi, fu di nuovo necessario tornare al King’s College Hospital per una valutazione per il trapianto. L’ultimo giorno di ricovero mi misero in lista per il trapianto e mi spiegarono chiaramente cosa sarebbe successo quando avrei ricevuto la chiamata per avvisarmi della disponibilità di un organo compatibile. Ma, qualche tempo dopo, nel ripetere gli esami del sangue, i valori della funzionalità epatica erano tornati alla normalità e sono stata tolta dalla lista. Sono appena rientrata a casa dalla mia quarta operazione per scleroterapia delle varaci, questo trattamento fa parte della cura per la mia ipertensione portale. Questa operazione è stata necessaria per la prima volta nel 2012.

Iniziare la scuola secondaria è stato per me un grande passo nella mia vita e come tutti gli altri ragazzi del mio paese ero nervosa ed eccitata allo stesso tempo. Ho fatto nuove amicizie e nessuno mi considerava diversa perché nessuno era a conoscenza della mia condizione. La mia pancia gonfia si era ridotta, io ero cresciuta e non ero più itterica, comunque per me ogni volta che c’era educazione fisica era il momento peggiore della settimana, dato che essendo consapevole della mia cicatrice, non volevo che nessuno la vedesse. Tutto stava andando bene fino a quando sono andata per uno dei miei controlli e mi hanno detto che avrei dovuto essere esclusa dalla maggior parte degli sport soprattutto, da equitazione e dai tuffi dal trampolino. La successiva lezione di educazione fisica è arrivata in fretta e mi sono seduta in un angolo a guardare. Questo ha scatenato molti interrogativi negli altri. Dopo la lezione molti bambini sono venuti a chiedermi perché non potevo più partecipare e io ho saputo cosa dire. E’ stato in questo momento che ho capito che avrei dovuto aprirmi agli altri e così raccontai  loro della mia condizione e sorprendentemente essi ascoltarono e continuarono a trattarmi come prima. Guardando al futuro, non voglio come gli altri ragazzi bere alcolici o fumare perché questo potrebbe causare ulteriori danni al mio fegato. Tuttavia, questo non mi impedirà di uscire e andare alle feste. Solo perché non si può bere, non significa necessariamente che non ci si possa divertire. La mia condizione è una parte di me, una parte da cui non potrò mai separarmi. Credo mi abbia reso una persona più forte. Accettare di avere un problema al fegato rende molto più facile conviverci. Quando si dispone di una famiglia che ti sostiene come la mia, sai che potrai sempre fare conto su di lei e ottenere aiuto se ne avrai bisogno. Il mio consiglio: non vergognarsi della propria condizione e rimanere sempre positivi. Potete seguire la mia pagina di Facebook: @millies fight with biliary Atresia.

Barbara

Barbara

Mi chiamo Barbara, ho 38 anni, sono un’atresina operata a 73 giorni di vita. Sono del Sud e precisamente di Taranto. Alla nascita, ero itterica e, per questo motivo, venni ricoverata al Policlinico di Bari. Dopo analisi approfondite, i medici spiegarono ai miei genitori la gravità della situazione e della necessità, per potermi curare, di portarmi al Nord, al Gaslini di Genova o all’Ospedalino dei Bambini di Brescia. Parlarono molto bene del Professor Caccia.

All’epoca i miei genitori avevano poco più di vent’anni, io ero la terza figlia e la mia malattia creò non pochi problemi. I miei nonni erano di un’altra epoca, non riuscivano a capire la gravità della situazione e la patologia e di conseguenza anche la decisione dei miei di portarmi al nord per farmi curare. Ai loro tempi era abbastanza frequente che ci fossero bimbi che morivano senza che se ne capisse la causa. I miei genitori, nonostante le incomprensioni con i miei nonni, non ci pensarono due volte, non si persero d’animo e con grande forza e coraggio affrontarono il viaggio con tutte le incognite che riservava. Ebbero la prontezza di agire in modo tempestivo e le loro scelte di allora mi salvarono la vita.

In ospedale a Brescia, dopo l’intervento di Kasai, con mamma e papà.

Così dal Policlinico, prima mi portarono al Gaslini di Genova. Dopo aver studiato il caso i medici dissero che la mia non era una patologia che loro seguivano e ci inviarono immediatamente dal Professor Caccia. Nonostante fossi molto piccola il Professore decise di effettuare su di me l’intervento di Kasai II.
Questa operazione, pur non essendo la prima che il Prof. Caccia avrebbe eseguito, presentava molte incognite e il Professore non nascose che non sapeva come sarebbe andata, perché l’Atresia delle Vie Biliari si manifesta in ogni bimbo in modo diverso, ogni caso è a sé e ogni bimbo reagisce in modo diverso.

Negli anni seguenti, pur essendo sempre sotto controllo, ho avuto delle complicazioni. Avevo una stomia sullo stomaco che spurgava bile. A sette anni questa valvola di scarico mi venne rimossa a Brescia. Da quel momento ogni quindici giorni da Taranto ci recammo a Brescia per i controlli. Questo è stato un grande impegno per i miei genitori che hanno sempre combattuto per tanti anni e fatto di tutto per me. Mio padre pur di farmi curare nel miglior centro in Italia, anche se molto distante da casa, prese la buona uscita e perse il posto di lavoro. Addirittura, per capire meglio la mia patologia e per potermi curare meglio, andò persino a Bruxelles con il Professor Caccia.
Sono stata davvero fortunata ad avere due genitori così… Avrebbero potuto rassegnarsi e farmi curare in un ospedale vicino a casa accettando un tragico epilogo… Invece hanno sempre affrontato tanti disagi e sacrifici, non è da tutti.

Da piccolina quando andavo in piscina o a danza ai miei amici o ai compagni di scuola, che mi chiedevano come mai avessi una cicatrice, dicevo che avevo avuto un incidente stradale. Poi durante il periodo della pubertà invece i miei genitori cominciarono a spiegarmi meglio della mia patologia e divenni più consapevole. Con i primi fidanzatini mi trovai a dover giustificare il fatto di non poter bere o il non poter mangiare la frittura o altri cibi, il non poter fumare, ne fare cose eccessive. Arrivai poi a dire la verità.

I miei genitori non sono mai stati oppressivi, non mi sono mai stati troppo attaccati, mi hanno sempre dato una grande libertà facendomi diventare responsabile e consapevole di quello che avevo. Grazie a questo senso di responsabilità sono arrivata fino ad adesso in buone condizioni di salute.
Mia mamma è sempre stata attenta a darmi un’alimentazione correttissima. Non mi ha mai dato frutti di mare, quasi mai frittura. Cucina semplice, cose fatte in casa utilizzando prodotti biologici senza trattamenti chimici.
Oggi posso affermare che la mia condizione di salute attuale è dovuta ai trent’anni che i miei genitori mi hanno dedicato. Grazie ai loro insegnamenti, al loro esempio, all’educazione, all’attenzione ad un’alimentazione sana, sono diventata una ragazza consapevole e responsabile: non bevo, non fumo e non mangio cibi che potrebbero nuocere al mio fegato.
Mi tengo sempre sotto controllo e ogni anno vengo puntualmente a Brescia, vedo i miei dottori di routine che sostanzialmente sono quelli che mi conoscono da sempre e che facevano parte dell’equipe di Caccia.

Questa sono io con il Professor Alberti

In tutti questi anni la Chirurgia pediatrica di Brescia è stato sempre il mio punto di riferimento con il Prof. Caccia, il Prof. Ekema e il Prof. Alberti, ai medici della sua equipe mi sono sempre rivolta per ogni problema; quando ho qualche cosa che non va io mi precipito qui proprio perché qui operano e trattano questa patologia da prima che io nascessi.
A Taranto la realtà sanitaria invece è molto diversa. Bambini con la mia stessa patologia ce ne sono pochi e vengono subito inviati al Nord. L’atresia delle vie biliari resta una malattia poco conosciuta, il mio caso è pressoché unico e i medici non sono in grado di seguirmi.

Al Sud è un problema anche far valere i propri diritti. Nonostante io abbia una patologia rara non mi è stato mai riconosciuto nulla. So che l’atresia delle vie biliari dà un’invalidità con una percentuale riconosciuta del 51% e questo dà diritto all’iscrizione alle liste di collocamento mirato, ma, nonostante le lotte dei miei genitori e le mie, a tutt’oggi i miei diritti di malato raro non sono ancora stati riconosciuti.

Ora, nonostante tutto, ho un lavoro, sono indipendente mi sento gratificata e sono soddisfatta della mia vita. Non mi sento per nulla inferiore agli altri e sto bene, sto bene di salute.

A distanza di 38 anni anche se il Professore purtroppo non c’è più resta il frutto della sua opera… E’ un grande frutto quello che ha lasciato perché salva tanti bambini. Alcuni, è vero, devono affrontare il trapianto, ma a tutti ha prolungato l’esistenza, dando una prospettiva di vita a bimbi che prima non ne avevano.
Io sono viva senza trapianto, grazie a lui, e mi sento una miracolata.

Il mio più grande rammarico è che a seguito dell’intervento di Kasai ci sono state, a distanza di tempo, complicanze per cui, nel mio caso, un’eventuale gravidanza potrebbe portarmi a uno scompenso epatico e il rischio della necessità di un trapianto epatico sarebbe molto elevato.
Il desiderio di diventare mamma è grande, ma sono consapevole dei rischi che comporterebbe una gravidanza e preferisco evitare di rompere questo equilibrio.

Il consiglio che mi sento di dare ai genitori è di stare sempre dietro ai propri figli educandoli, nel corso degli anni, ad essere responsabili e consapevoli. I bimbi hanno bisogno di fare una vita sana, regolare e tranquilla.
Molto importante è non farli sentire diversi rispetto agli altri bimbi, perché non hanno niente di diverso.

Altro consiglio è, per ogni problema di salute che riguardi direttamente o indirettamente il fegato, di fare sempre riferimento ai medici che li hanno in cura. Non in tutti i centri ospedalieri sono in grado di seguire questa patologia rara. Bisogna mettersi nelle mani di medici competenti.

27 aprile 2018

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Nicolò

Nicolò

 

Inizio questa mia testimonianza per dare speranza a chi come me è piombato nell’incubo dell’atresia delle vie biliari, malattia che fino ha 8 anni fa non sapevo nemmeno esistesse.

Niccolò è stato un bambino molto desiderato, quando è arrivato è stata la mia gioia più grande! Ho avuto una gravidanza meravigliosa, poi il 29/11/2009 è nato questo meraviglioso bambino sano.

Il nostro incubo è iniziato probabilmente nella seconda settimana dalla nascita, (anche se Niccolò è diventato giallo il secondo giorno di vita). All’inizio tutti mi dicevano che era un ittero fisiologico, niente di cui mi sarei dovuta preoccupare, ma il mio sesto senso di mamma mi diceva altro e avevo ragione.

Il giorno prima che Niccolò compisse un mese l’ho portato dalla pediatra che non appena lo vide ci mandò subito a fare un esame del sangue nell’ospedale dove era nato. Alla vista della richiesta, i dottori diedero della pazza sia a me che alla pediatra, però, alla fine, fecero il prelievo. Nel tragitto dall’ospedale a casa mi chiamarono per avere il nome della pediatra, poi, successivamente, mi chiamò lei e mi disse di preparare una borsa per me e una per Niccolò e di andare al Gaslini perché gli esami epatici non andavano bene.

Era passato già un mese dal ricovero ed ancora non avevamo una diagnosi. Ricordo ancora la paura quando dopo ci parlarono di atresia, in quel momento capimmo con che mostro nostro figlio doveva combattere.

Il 10/02/2010 incontrai il dottor Alberti che fece l’intervento di Kasai a Niccolò senza darci molte speranze…

Be’ il mio cucciolo mi ha stupito, così come ha stupito anche i medici, perché a distanza di 8 anni sta benissimo e non ha avuto nessuna complicanza di questa malattia.

Mi rendo conto che facciamo parte dei fortunati che stanno bene…

Oggi Nicolò è un bambino vivace, molto curioso, fa un’infinità di domande su ogni cosa. Ha voluto sapere tutto anche riguardo la sua malattia e si documenta ogni volta che se ne presenta l’occasione, dimostrandosi molto più grande e maturo rispetto alla sua età.

A chi gli domanda: “…Cosa vorresti fare da grande?” Lui risponde: “Il mio sogno è diventare chirurgo, per entrare in sala operatoria e salvare la vita a tanti bambini!”

la mamma Delia – 31 marzo 2018

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Laura

Laura

SguardoHo deciso di scrivere per dare a tutti un contributo della mia esperienza come atresia delle vie biliari operata con intervento di Kasai nel lontano 1987.

Mi chiamo Laura e ad oggi ho quasi 28 anni; purtroppo ricordo ben poco dell’operazione perché all’epoca avevo circa 40 giorni di vita.

I ricordi che ho della mia malattia, se così volete definirla, risalgono a quando avevo circa 10 anni, che è poi il tempo in cui un bambino inizia a maturare i suoi ricordi.

Se devo essere sincera avere questo problema non mi ha poi condizionato la vita più di tanto…  Almeno col passare degli anni.  Invece è stata dura nel periodo adolescenziale perché iniziano i primi amori e, come ben sapete, i maschi a quell’età guardano quasi sempre solo l’aspetto estetico e, sicuramente, una cicatrice così importante attira gli sguardi della gente.

Anche a me è capitato al mare o al lago, quando facevo il bagno con gli amici, che qualcuno mi fissasse come se avessi qualcosa che non andava, all’inizio mi ha fatto  male tutto questo, ma poi col tempo ho imparato a conviverci e ad accettarmi.

Posso capire le difficoltà che si possono avere con un ragazzo perché spesso gli uomini o meglio i ragazzini si fermano all’aspetto estetico, ma sappiate andare oltre ragazzi perché quando si cresce le cose cambiano e questo vostro punto debole può diventare un punto di forza.

Molte volte sono stata esclusa anche perché non bevevo o non provavo droghe, ma anche li ho saputo usare la testa e preferire la vita ad una morte certa.

Vero, questa nostra malattia ci fa crescere velocemente e a volte ci ha condizionato la vita. Però sappiate fare tesoro dell’opportunità che vi è stata data cari ragazzi.

La mia cicatrice ho scelto io di non coprirla e ne ho fatto un mio punto di forza a volte è stato difficile… Ma ora ho 28 anni quasi, sono fidanzata da 6 con un ragazzo bellissimo, ma anche prima non mi sono mai mancati i ragazzi perché anziché puntare sul corpo ho sempre puntato sulla testa e sul carattere.

Ho scelto di essere non di apparire.

Inoltre ai genitori do un piccolo consiglio, perché così hanno fatto con me mia madre e mio padre, insegnate o provate a far capire ai vostri figli che l’estetica non è  tutto e che a volte essere diversi non è un difetto, ma un pregio.

Ragazzi vivete scegliendo l’essenza non l’apparenza..

Con affetto.

Laura

Volete sapere un po’ della mia vita…?

All’inizio, come dicevo poc’anzi, non e’ stato facile convivere con quello che una malattia rara ci può lasciare, partendo dalle cicatrici che ci portiamo, ad arrivare alle rinunce alimentari.

Però, nonostante tutto, se avete il coraggio, come ho fatto io, di superare le critiche potete costruirvi un futuro bellissimo.

Ad oggi, sono Laureata in Giurisprudenza, ho preso una seconda laurea in scienze dell’educazione e prima ancora mi sono diplomata al liceo socio psicopedagogico con una buona votazione.

Vivo, da quando avevo 22 anni, fuori di casa, mi sono fidanzata nel 2009 con il mio attuale compagno Alessandro, e l’anno successivo siamo andati a vivere assieme, abbiamo comprato casa insieme e abbiamo affrontato ogni problema insieme e dopo 7 anni siamo ancora qui.

L’unica cosa che vi posso dire è che una malattia rara non deve condizionarvi la vita, dovete vivere una vita normale, non dovete ascoltare le critiche della gente stupida, non dovete usare la vostra malattia per farvi compatire perché quello che riceverete non sarà amore vero, ma compassione e credo sia la cosa più meschina che una persona vi possa dare.

Nel caso in cui vi innamoriate di qualcuno, siate sinceri, dite lui o a lei ciò che avete, se è davvero amore, come tra me e Alessandro, saprà capire e accettare, saprà starvi accanto nei momenti facili e in quelli meno facili, se invece, per la vostra “diversità”, ve ne fa una colpa non e’ amore,e ricordate non cambiate per nessuno siate sempre voi stessi.

Io non sono mai cambiata per nessuno, ho incontrato tante persone che non hanno capito, ma non mi sono mai persa d’animo e oltre agli studi e al lavoro che ad oggi ho, grazie ai mie studi, sono amata e accettata per la persona che sono.

Inoltre, anche se non potete fare determinate cose, nulla vi vieta di avere delle passioni. 10455168_10207019601758406_8960132008549913157_n  La mia più grande passione è il ciclismo che coltivo da anni e ogni anno collaboro con una società professionale ed e’ una cosa che amo che mi rende felice  e mi fa stare bene. Mi ha fatto incontrare, oltre ad Alessandro, altre magnifiche persone che mi apprezzano per quello che sono e nulla gli importa della mia diversità perché mi apprezzano per quello che sono.

Per me è come una seconda famiglia.

Quindi il mio consiglio più grande è sempre lo stesso siate quello che volete essere senza che gli altri si permettano di dirvi che siete diversi perché la diversità non esiste.

Esiste solo l’essere unici.

Dicembre 2015

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Millie

Millie

My name is Millie, I am currently 13 years old, I was born on the 16th February 2002 and this is my story of living with biliary atresia.

I came into this world jaundiced like many other babies; however a couple of weeks after my parents took me home the jaundice had not gone away. I was taken to hospital where I was put under an ultra violet light in the hope that this would cure the jaundice. It was at this time that a passing doctor who was temporarily working at Guilford but was in fact from King’s College Hospital took an interest in me and suggested that I should have liver function tests as the ultra violet light appeared to be having little effect.

The test results and subsequent scans showed abnormal liver functions and I was immediately transferred up to King’s. Further tests revealed that I had the liver condition biliary atresia. At 6 weeks old, I underwent the Kasai operation in order to improve my condition and to buy me some time. However, this operation carried many risks and has left me with a scar across the middle of my stomach. As a result of the operation I developed portal hypertension which became apparent in the following months.

Although the operation was not 100% successful the surgeons were confident that my liver would function adequately to see me into my teenage years. The fact that I have had to take up to 12 medicines a day and have an enlarged stomach was a small price to pay. Since I was little I have also been itchy especially on my arms, hands, legs and feet, which is controlled with medication.

Not long after starting primary school it was noticed that I was jaundiced and a couple of months later I was up at King’s for a 3-day transplant assessment after they found that my blood test was also abnormal. However after taking some antibiotics I was well again and was no longer considered to need a liver transplant. My check- up appointments where I have ultrasounds, blood tests and talks with different consultants have always been 6 months apart as my condition is normally stable.

Then when I was about 9 years old, once again I became jaundiced and this was the time that I realised that I was different to most children. I used to get called names because of the colour that I was and I didn’t really ever know what to say to them because how were they meant to understand. I was again sent up to King’s for a transplant assessment. On the last day I was put on the transplant list and it was explained clearly to me what would happen when I got the call saying they had found a match. But when they had done the final set of blood tests my liver function levels were back to normal and I was taken off the list.

I have recently returned home from my fourth operation to band the varacies which is part of the treatment for my portal hypertension condition. It was first recognised this operation was necessary in 2012 and I was sent up for my first procedure soon after.

Starting secondary school was a big step for me in my life and like everyone else in the country I was nervous but excited at the same time. I made new friends and no one saw me as being any different to them as no one knew about my condition. My enlarged stomach had shrunk as I had grown and I was not jaundiced, however getting changed for PE was the worst part of the week as I am very conscious of my scar and didn’t want anyone to see.

Everything was going well until I went for one of my check up appointments and they said that I would have to now be excluded from most sports especially contact, horse riding and trampolining. My next PE lesson came round quickly and I sat on the side watching. This is when all the questioning started. After that lesson I had many children come and ask me why I was no longer joining in and I was unsure what to say. It was at this time that I knew I would have to open up to people and tell them about my condition and surprisingly they listened and carried on like before.

Looking to the future I will not like other teens be able to drink alcohol or smoke as this could cause further damage to my liver. However, this won’t stop me from going out and going to parties. Just because you can’t drink it doesn’t necessarily mean you can’t still have fun.

My condition is a part of me, a part that I will never live without. It makes me who I am and I believe that it has made me a stronger person. Accepting that you have a liver condition makes it so much easier to live with. If you have a family as supportive as mine you will always get through it and CLDF will always be there if you need them.

Advice: never be ashamed of your condition and always stay positive.

Follow my Facebook page @millies fight with biliary Atresia

Millie Nicoll – April 2015

Regno Unito

Abbiamo chiesto a Millie il permesso di pubblicare la sua testimonianza su questo sito perché tante sono le analogie tra la sua storia e quella di Laura.

Mi chiamo Millie, attualmente ho 13 anni, sono nata il 16 febbraio 2002 e questa è la storia della mia vita con atresia biliare. Come molti altri bambini sono nata con ittero; tuttavia, dopo un paio di settimane da quando i miei genitori mi avevano riportato a casa, l’ittero non era scomparso. Quindi sono stata riportata in ospedale dove mi hanno messa sotto una luce ultravioletta, nella speranza che questo trattamento avrebbe curato l’ittero. E’ stata in questa occasione che un medico, che si trovava temporaneamente a lavorare a Guilford, ma che era in realtà del King’s College Hospital, si interessa al mio caso e suggerisce di sottopormi a un test di funzionalità epatica, dato che la luce ultravioletta sembrava non avere effetto su di me. I risultati dei test e le successive scansioni mostrarono che la funzionalità del fegato non era buona, così sono stata trasferita subito al King’s College Hospital. Ulteriori esami rivelarono che il mio fegato mostrava segni di atresia biliare. A 6 settimane di vita, sono stata sottoposta all’intervento di Kasai, al fine di migliorare le mie condizioni e per farmi guadagnare un po’ di tempo. Tuttavia, l’operazione a cui sono stata sottoposta comporta molti rischi e mi ha lasciato una lunga cicatrice sulla pancia. Tra gli effetti dell’operazione ho sviluppato ipertensione portale, che è apparsa nei mesi successivi. Anche se l’operazione non ha avuto successo al 100%, i chirurghi erano sicuri che il mio fegato avrebbe funzionato adeguatamente permettendomi di arrivare all’adolescenza. Il fatto che dovessi assumere fino a 12 farmaci al giorno e avessi un addome gonfio era un piccolo prezzo da pagare. Fin da piccola ho sofferto di prurito soprattutto su braccia, mani, gambe e piedi, anche se è possibile controllarla con i farmaci. Non molto tempo dopo l’inizio della scuola primaria si è manifestato l’ittero e un paio di mesi più tardi, dopo aver scoperto che i miei valori del sangue erano sballati, sono stata al King’s College Hospital per una valutazione pre trapianto durata 3 giorni. Fortunatamente dopo l’assunzione di alcuni antibiotici sono stata di nuovo bene e non è stato più necessario sottopormi a un trapianto di fegato. Dato che le mie condizioni di norma sono stabili, i miei controlli con ecografia, esami del sangue e visite con diversi specialisti, sono sempre stati a 6 mesi di distanza l’uno dall’altro. Poi, di nuovo, verso i 9 anni, sono diventata itterica e a questo punto mi sono resa conto che ero diversa dalla maggior parte dei bambini. A causa del mio colore venivo “presa in giro” dagli altri bambini e non sapevo davvero cosa dire loro affinché capissero.

Poi, fu di nuovo necessario tornare al King’s College Hospital per una valutazione per il trapianto. L’ultimo giorno di ricovero mi misero in lista per il trapianto e mi spiegarono chiaramente cosa sarebbe successo quando avrei ricevuto la chiamata per avvisarmi della disponibilità di un organo compatibile. Ma, qualche tempo dopo, nel ripetere gli esami del sangue, i valori della funzionalità epatica erano tornati alla normalità e sono stata tolta dalla lista. Sono appena rientrata a casa dalla mia quarta operazione per scleroterapia delle varaci, questo trattamento fa parte della cura per la mia ipertensione portale. Questa operazione è stata necessaria per la prima volta nel 2012.

Iniziare la scuola secondaria è stato per me un grande passo nella mia vita e come tutti gli altri ragazzi del mio paese ero nervosa ed eccitata allo stesso tempo. Ho fatto nuove amicizie e nessuno mi considerava diversa perché nessuno era a conoscenza della mia condizione. La mia pancia gonfia si era ridotta, io ero cresciuta e non ero più itterica, comunque per me ogni volta che c’era educazione fisica era il momento peggiore della settimana, dato che essendo consapevole della mia cicatrice, non volevo che nessuno la vedesse. Tutto stava andando bene fino a quando sono andata per uno dei miei controlli e mi hanno detto che avrei dovuto essere esclusa dalla maggior parte degli sport soprattutto, da equitazione e dai tuffi dal trampolino. La successiva lezione di educazione fisica è arrivata in fretta e mi sono seduta in un angolo a guardare. Questo ha scatenato molti interrogativi negli altri. Dopo la lezione molti bambini sono venuti a chiedermi perché non potevo più partecipare e io ho saputo cosa dire. E’ stato in questo momento che ho capito che avrei dovuto aprirmi agli altri e così raccontai  loro della mia condizione e sorprendentemente essi ascoltarono e continuarono a trattarmi come prima. Guardando al futuro, non voglio come gli altri ragazzi bere alcolici o fumare perché questo potrebbe causare ulteriori danni al mio fegato. Tuttavia, questo non mi impedirà di uscire e andare alle feste. Solo perché non si può bere, non significa necessariamente che non ci si possa divertire. La mia condizione è una parte di me, una parte da cui non potrò mai separarmi. Credo mi abbia reso una persona più forte. Accettare di avere un problema al fegato rende molto più facile conviverci. Quando si dispone di una famiglia che ti sostiene come la mia, sai che potrai sempre fare conto su di lei e ottenere aiuto se ne avrai bisogno. Il mio consiglio: non vergognarsi della propria condizione e rimanere sempre positivi. Potete seguire la mia pagina di Facebook: @millies fight with biliary Atresia.

Millie Nicoll – aprile 2015